Test intolleranze alimentari

Test intolleranze alimentari

15 Mar , 2016,
admin
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Test intolleranze alimentari: sono davvero attendibili?

Negli anni si è riscontrato un forte aumento del numero di persone che lamentano disturbi di vario genere correlati all’assunzione di determinati alimenti e che si ritengono di conseguenza affetti da intolleranze alimentari. Tra i sintomi più frequentemente riscontrati ci sono senso di gonfiore, problemi digestivi, dolori addominali, nausea, mal di testa, diarrea, aumento di peso.

Di pari passo, nel tempo, si sono moltiplicati i test mirati ad identificare queste presunte intolleranze, basati su diversi principi più o meno scientifici e, conseguentemente, più o meno affidabili. A dimostrazione di questo, è stato stimato che solamente il 10% dei casi di intolleranze individuati tramite questi test siano effettivamente reali.

Cerchiamo innanzitutto di spiegare cosa sono le intolleranze alimentari e cosa le differenzia dalle allergie.

Per farlo ricorriamo alla definizione che ci fornisce l’Accademia Europea di Allergologia ed Immunologia Clinica, la quale utilizza una definizione generale di reazione avversa al cibo, distinguendo poi due grandi classi: i disturbi mediati da meccanismi immunologici, le allergie, e i disturbi non mediati da meccanismi immunologici, le intolleranze.

Un’ulteriore classificazione differenzia le reazioni di natura non tossica (allergie e intolleranze), legate quindi ad una suscettibilità individuale, da quelle di natura tossica, legate a contaminazione del cibo ingerito (muffe, batteri, sostanze chimiche) o alla presenza di veleni naturali (funghi, determinati tipi di animali o piante).

Schema

Le allergie, quindi, sono risposte esagerate dell’organismo che colpiscono soggetti predisposti, causate da sostanze che comunemente sono considerate innocue. Questi soggetti non sono in grado di sviluppare tolleranza verso queste sostanze che causano quindi una reazione anomala del sistema immunitario, con conseguente produzione di anticorpi e rilascio di istamina e altre molecole che scatenano i sintomi allergici (gonfiore, prurito, asma, vomito, diarrea, shock anafilattico…).

Le intolleranze non hanno invece alla loro base una risposta di tipo immunitario, ma sono regolate da altri meccanismi. Possiamo fare un’ulteriore classificazione, distinguendo quelle di tipo enzimatico, causate da una carenza di enzimi che genera un’incapacità dell’organismo di metabolizzare determinate sostanze contenute negli alimenti. Tra le più comuni ricordiamo l’intolleranza al lattosio, dovuta a carenza o mancanza totale dell’enzima lattasi. Vi sono intolleranze di tipo farmacologico, scatenate dalla presenza in alcuni alimenti di sostanze con attività, appunto, farmacologica, come istamina, teofillina, caffeina o alcol etilico. Infine troviamo il gruppo delle intolleranze indefinite che possono essere causate da alcuni additivi alimentari (conservanti, coloranti, correttori di acidità…).

Come possiamo vedere, l’argomento è molto vasto e a tutt’oggi presenta molti aspetti ancora non ben chiari anche per gli esperti in materia. Una delle questioni più controverse riguarda proprio le procedure diagnostiche utilizzate per la diagnosi di questi disturbi e la loro efficacia.

I test più attendibili sono quelli attualmente utilizzati per l’individuazione delle allergie, tra i quali troviamo i test cutanei (prick test), la ricerca di anticorpi IgE alimento specifici (RAST) e i test istologici con biopsia intestinale. Nonostante la loro validità, però, non sono in grado di garantire un’affidabilità diagnostica per tutti i tipi di allergie o per l’individuazione precisa dell’alimento scatenante.

Un altro strumento a disposizione è la dieta ad eliminazione, con la quale si sospende l’introduzione di alimenti sospetti per valutare un eventuale miglioramento o sparizione dei sintomi. In seguito si procede con una graduale reintroduzione dei cibi eliminati e/o con un test di provocazione (effettuato sotto controllo medico) per valutare la reale suscettibilità al cibo preso in considerazione.

In merito alle intolleranze, la questione si fa un po’ più fumosa…

Numerosi sono i test diagnostici a disposizione, il problema è che la loro efficacia è tutta da dimostrare.

Torniamo quindi alla domanda che ci siamo posti nel titolo di questo articolo: i test per le intolleranze alimentari sono davvero attendibili?

La comunità scientifica si è già posta il problema prima di noi e la risposta che ci fornisce è la seguente: molto poco.

Prima di capire il perché, vediamo nel dettaglio come sono strutturati i test principalmente utilizzati:

Vega test: si basa sui principi della bioenergetica secondo la quale alcune sostanze sono in grado di influire sui campi magnetici dell’organismo. Il test si esegue con un apparecchio munito di elettrodi, uno dei quali viene posto sulla mano del paziente mentre l’altro è collegato al macchinario stesso, nel quale sono inserite delle fiale contenenti estratti omeopatizzati (ovvero diluiti in maniera infinitesimale) di svariati alimenti. La presenza di eventuali intolleranze viene individuata se si riscontrano variazioni di potenziale sulla pelle causate dal contatto con la sostanza incriminata;

Test del capello: anch’esso è basato sulla biorisonanza. Come il resto del corpo, anche il capello emette una sua specifica frequenza che può essere analizzata per valutarne eventuali alterazioni dovute al contatto con le sostanze in esame;

DRIA test: misura la variazione della forza muscolare in seguito alla somministrazione per via sublinguale di alcune gocce di preparati alimentari. Il soggetto, tramite una cinghia fissata ad una caviglia, deve esercitare una trazione su una cella di carico collegata ad un computer che analizza eventuali variazioni della curva di sforzo prima e dopo la somministrazione;

Kinesiologia: ancora una volta si valuta la perdita di forza muscolare. Al soggetto vengono fatte stringere delle fialette contenenti l’alimento indagato dopodiché l’operatore misura la variazione di forza, in particolare del muscolo della spalla, contrastando il movimento di spinta del braccio del soggetto;

Test citotossico: il soggetto viene posto in contatto con l’antigene ricavato dall’alimento e successivamente viene analizzato il suo sangue. L’operatore valuta eventuali cambiamenti nella forma dei globuli bianchi, il che renderebbe il test positivo;

ALCAT-Test: sulla falsa riga del test citotossico, si effettua anch’esso tramite analisi ematiche ma invece dei globuli bianchi vengono analizzati specifici elementi corpuscolati del sangue e l’analisi è computerizzata;

Test del DNA: Tramite campione salivare viene effettuato il test del DNA che dovrebbe essere in grado di determinare la suscettibilità nei confronti di 600 diversi alimenti;

Abbiamo visto come i diversi test si basano su principi differenti per l’individuazione delle intolleranze. Come dicevamo, la comunità scientifica si è mossa per valutare l’effettiva efficacia di queste metodologie, conducendo al riguardo diversi studi nei quali sono state analizzate e messe a confronto le diverse procedure, eseguendo ance più volte gli stessi test sulle medesime persone. I risultati emersi da questi studi hanno evidenziato molti punti deboli, vediamoli in dettaglio:

  • scarsa riproducibilità: questo significa che se uno stesso test viene effettuato più volte di seguito o eseguito in strutture o da operatori differenti, i risultati appaiono discordanti;
  • scarsa accuratezza predittiva (sensibilità): in diversi studi controllati, i test non si sono dimostrati efficaci nell’identificare intolleranze (ma anche allergie) già note;
  • bassa specificità: spesso i test danno dei falsi positivi, ovvero individuano intolleranze non riscontrabili nella realtà;
  • soggetti ad interpretazione personale: gli esami che comportano una valutazione soggettiva da parte di un operatore (stima della variazione della forza, valutazione visiva della forma dei globuli bianchi) sono a forte rischio di errore interpretativo e peccano, per definizione, di oggettività;
  • errati principi di base: il razionale su cui si fondano risulta biologicamente poco plausibile;

Tutti questi elementi, hanno portato i maggiori esperti nel settore a dichiarare in maniera concorde che questi test non hanno validità scientifica e non possono essere quindi considerati degli strumenti affidabili per confermare la presenza di intolleranze alimentari.

Gli unici test che sono stati validati scientificamente sono solamente due: i test per la diagnosi di celiachia, che comportano analisi del sangue per la ricerca di determinati anticorpi e la biopsia della mucosa intestinale e il breath test, usato per diagnosticare l’intolleranza al lattosio.

Il problema maggiore legato alla grande diffusione di questi test poco attendibili, che sono peraltro molto costosi, è dato dal fatto che, nella maggior parte dei casi, i risultati che emergono dai test riportano positività verso un gran numero di alimenti, tra cui molti vegetali e farine. Questo porta le persone a modificare in maniera inutile, scorretta e dannosa la propria alimentazione, impoverendo la propria dieta e rischiando di andare incontro a carenze nutrizionali.

Chi si sottopone a questi test, spesso si convince della loro efficacia perché, andando a modificare la dieta ottengono una significativa perdita di peso, la quale però generalmente è semplicemente dovuta alle forti restrizioni che vengono applicate alla dieta stessa.

 

Per concludere, nel caso in cui venga riscontrata una reazione avversa legata al consumo di un particolare alimento o si manifestino dei sintomi che fanno sospettare un’intolleranza, il mio consiglio è di rivolgersi a professionisti seri che si avvalgono di strumenti corretti quali sono i  test validati e le diete ad esclusione, evitando di ricorrere a test fantasiosi, inefficaci e, soprattutto, potenzialmente dannosi per la salute… oltre che per il portafoglio!

 

Fonti:

Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it).
Niggeman b, gruber c. “Unproven diagnostic procedures in IgE mediated allergic diseases”.
Wuthrich b. “Unproven techniques in allergy”.
Bruijnzeel-Koomen C., Ortolani C., Aas K., et al. “Adverse reaction to food (position paper of European Academy of Allergology and Clinical Immunology) Allergy 50,623,1995.
American Academy of Allergy and Immunology National Institute of Allergy and Infectious Diseases: Adverse reaction to food. Bethesda, Md, National Institute of Health, NIH Publication No 84-2422, 1984, p.1-6.